Gli inflammasomi sono implicati nella malattia di Alzheimer

 

 

NICOLE CARDON

 

 

 

NOTE E NOTIZIE - Anno XIV – 02 luglio 2016.

Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento è oggetto di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.

 

 

[Tipologia del testo: RECENSIONE]

 

Poco più di un anno e mezzo fa, presentando uno studio condotto da Irene Piaceri e colleghi dell’Università di Firenze, così è stato introdotto l’argomento della neurodegenerazione alzheimeriana:

“La malattia di Alzheimer è la forma più comune di demenza legata all’età e uno dei più gravi problemi di salute delle società ad alto grado di sviluppo socioeconomico. È dovuta ad un insidioso e progressivo processo neurodegenerativo che causa un declino cognitivo globale e si esprime sul piano istopatologico con i due contrassegni descritti per la prima volta nel 1906 da Alois Alzheimer: placche amiloidi, dovute ad accumulo extracellulare di peptidi β-amiloidi, e degenerazione neurofibrillare, legata alle alterazioni della proteina tau all’interno del neurone. In una prospettiva epidemiologica, dopo l’età, la storia familiare è il secondo grande fattore di rischio ed ha rappresentato un motore per la ricerca genetica, che ha avuto un ruolo fondamentale per il recente progresso nella conoscenza della biologia dell’Alzheimer, dal livello neuropatologico a quello molecolare. In termini genetici, la demenza alzheimeriana è una malattia complessa ed eterogenea e sembra seguire una dicotomia legata all’età, in cui mutazioni familiari rare ed altamente penetranti, trasmesse come un carattere mendeliano autosomico dominante, sono responsabili di forme ad insorgenza precoce (EOFAD, da early onset familial Alzheimer’s disease), mentre comuni polimorfismi senza ereditarietà mendeliana, ad alta prevalenza ma con una penetranza relativamente bassa, aumentano il rischio per le forme ad insorgenza tardiva (LOAD, da late onset Alzheimer’s disease)[1].

Così come è attualmente concepita, la categoria nosografica della malattia di Alzheimer corrisponde ad un processo patologico ad eziologia non ancora definita, se si eccettuano le forme familiari, e a patogenesi solo parzialmente nota[2]. Sulla base di una mole considerevole di evidenze sperimentali si tende a considerarla come una malattia multifattoriale indotta da una combinazione di fattori genetici ed ambientali, pertanto le modificazioni epigenetiche potrebbero essere una chiave per completare e comprendere il mosaico di dati patogenetici attualmente accertati”[3].

Ora consideriamo una prospettiva del tutto diversa, recensendo l’interessante rassegna e discussione sull’inflammasoma nella malattia di Alzheimer proposta da Olsen e Singhrao in un articolo che sarà pubblicato sul Journal of Alzheimer’s Disease (Olsen I. & Singhrao S. K., et al. Inflammasome Involvement in Alzheimer’s Disease. Journal of Alzheimer’s Disease - Epub ahead of Print J. 15, 2016).

La provenienza degli autori è la seguente: Department of Oral Biology, Faculty of Dentistry, University of Oslo, Oslo (Norvegia); Oral e Dental Sciences Research Group, College of Clinical and Biomedical Sciences. School of Dentistry, University of Central Lancashire, Preston (Regno Unito).

Gli inflammasomi sono responsabili della maturazione delle citochine pro-infiammatorie, quali l’interleuchina (IL)-1β, IL-18 e IL-33, e dell’attivazione di piroptosi della morte cellulare infiammatoria. Si assemblano in risposta ad infezione cellulare, stress o danno tissutale, promuovono reazioni infiammatorie e sono importanti nella regolazione dell’immunità innata, agendo come piattaforme per l’attivazione delle proteasi caspasi.

Gli inflammasomi, come documentano numerose evidenze sperimentali, sono implicati in vari processi patologici attivati da microrganismi e nella malattia di Alzheimer.

Per decenni il ruolo dell’immunità innata nell’eziologia della neurodegenerazione alzheimeriana è stato considerato pressoché irrilevante, ma i geni infiammatori responsabili dell’infiammazione in questa malattia, recentemente scoperti mediante studi di associazione estesi all’intero genoma, hanno indotto un radicale cambiamento di prospettiva.

Nel cervello affetto da malattia di Alzheimer l’attività infiammatoria immune innata può originare sia dai peptidi β-amiloidi sia da specifiche infezioni batteriche che tendono a possedere risposte immunostimolatorie deboli per il reclutamento di cellule mieloidi dal sangue periferico. L’attività immunostimolatoria debole è una conseguenza delle loro strategie di evasione immunitaria e sopravvivenza.

Olsen e Singhrao discutono la possibilità che gli inflammasomi, particolarmente attraverso la famiglia NLR di proteine NLRP3, siano implicati nella patogenesi della malattia di Alzheimer. Rinviando alla lettura del testo integrale dell’articolo originale per dati ed argomentazioni a supporto di questa tesi, si sottolinea e si raccomanda la discussione di un’ipotesi che farà sicuramente riflettere e discutere: il contributo di specifici batteri che giocherebbero un ruolo nell’influenzare l’attività dell’inflammasoma NLRP3 nella progressione della malattia di Alzheimer.

 

L’autrice della nota ringrazia la dottoressa Isabella Floriani per la correzione della bozza ed invita alla lettura delle recensioni di argomento connesso che appaiono nella sezione “NOTE E NOTIZIE” del sito (utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA”).

 

Nicole Cardon

BM&L-02 luglio 2016

www.brainmindlife.org

 

 

 

 

_____________________________________________________________________________________________________________________

 

La Società Nazionale di Neuroscienze BM&L-Italia, affiliata alla International Society of Neuroscience, è registrata presso l’Agenzia delle Entrate di Firenze, Ufficio Firenze 1, in data 16 gennaio 2003 con codice fiscale 94098840484, come organizzazione scientifica e culturale non-profit.

 

 

 

 

 

 

 

 



[1] Per questa dicotomia genetica, quale caratteristica comune alle principali malattie neurodegenerative, si veda la discussione: Note e Notizie 24-01-15 Aspetti genetici comuni alle principali malattie neurodegenerative. Specificamente per la malattia di Alzheimer rimane un’utile lettura l’articolo di Rudolph Tanzi che può ormai considerarsi un classico: Tanzi R. E., A genetic dichotomy model for inheritance of Alzheimer’s disease and common age-related disorders. Journal of Clinical Investigation 104 (9): 1175-1179, 1999.

[2] Non tutti condividono il criterio ispiratore della categoria nosografica attuale: selezionando criteri genetici, biochimici ed istopatologici, come proposto dal nostro presidente, si potrebbe giungere alla conclusione che sotto l’etichetta di malattia di Alzheimer si comprendono, in realtà, malattie diverse accomunate da alcuni caratteri patologici e clinici.

[3] Note e Notizie 24-01-15 Nella malattia di Alzheimer le modificazioni epigenetiche sono causa o effetto?